Nelle campagne reggiane, il giorno della pigiatura dell’uva era un giorno di festa: nelle case contadine anche anziani e bambini venivano coinvolti per celebrare l’evento che rappresentava la fine della lunga e faticosa vendemmia, nei mesi di settembre e ottobre.
Per questo, sempre consce del fatto che nulla va sprecato, le rezdore cominciarono a raccogliere il mosto, ricavato dallo strato denso e zuccherino rimasto sul fondo del “tino” dopo la spillatura del vino, per preparare i Sughi d’Uva. Il mosto era bollito lentamente sul fuoco con farina e zucchero, fino ad ottenere una consistenza densa e gommosa. Il dessert si presentava come un dolce al cucchiaio, di cui i bambini, dato il sapore dolcissimo, erano golosissimi.
Anche se oggi sono presenti sughi d’uva bianca, tradizione vuole che si utilizzi il mosto di un’uva speciale, “Lancellotta del reggiano”, un vitigno locale dagli acini rosso rubino. Per anni i Sughi d’Uva vennero consumati esclusivamente dalle famiglie contadine, spesso come piatto unico abbinato al pane. Solo recentemente, grazie al rinnovato interesse per le tradizioni enogastronomiche locali, i sughi d’uva hanno cominciato ad essere conosciuti oltre la provincia di Reggio, come prodotto raro e raffinato.
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