Il macinino era da pepe o da caffè, perché, ad esempio, i miei nonni (che non erano particolarmente ricchi) lo usavano anche per macinare i chicchi di caffè dopo averlo pulito molto bene. Esso aveva la forma di un cubo dalle dimensioni di 20 cm circa, le pareti erano di legno mentre, sulla sommità, c’era una “cupola” di ferro apribile da cui si introduceva il pepe.
Sopra la “cupola” era inserito il manico (anch’esso di ferro) che faceva girare l’ingranaggio che serviva a frantumare il pepe, e alla base del macinino veniva inserito un cassettino di legno per raccogliere la polvere ormai frantumata. Si aggiungeva il pepe, il sale e, a scelta, l’olio all’impasto di carne macinata, soprattutto maiale, per poi fare i vari salami, pancette e salsicce.
Il pepe veniva anche usato per altre pietanze, ad esempio per le “biscotte” di cui una volta mia nonna mi ha insegnato la ricetta: delle verze cotte a lungo in acqua, aceto, sale e pepe, che si conservavano in barattoli di vetro (una volta si facevano ad ottobre-novembre) in preparazione ai mesi freddi. Prima di mangiarle venivano passate con un po’ d’olio e aglio in padella per cinque minuti.